
di Giorgio Righetti
Recentemente in un mercatino di cose vecchie, ho trovato un antico canzoniere autografato, di quelli che il Barbapedana distribuiva nelle osterie dopo le sue esibizioni. Il Barbapedana era di certo il più sincero e spontaneo cantastorie milanese. Girava fiero e spavaldo di osteria in osteria con la sua chitarra, sempre vestito con una vecchia zimarra color marrone intenso e con un cappello a cilindro adorno di un codino di scoiattolo calcato sulla testa. Lo si trovava di solito all’osteria di Loreto dove raccoglieva i suoi memorabili successi. Autentico anticipatore dei cantautori di oggi ironizzava su se stesso con una sua sigla musicale.
Barbapedana el gh’aveva on gilé / senza el denanz cont via el dedree / con i oggioeu longh ona spanna / l’era el gilé del Barpedana!…
Rivediamolo dunque al Loreto il caro Barbapedana con la canzonetta che fu il suo cavallo di battaglia.
De piscinin che l’era
el ballava volentera
el ballava su on quattrin
de tant che l’era piscinin…
La canzone era interminabile, il Barbapedana la sapeva sempre aggiornare e renderla attuale con nuove strofe. Altra canzone famosa fu “La tegnoeula”:
Me regordi che on di, in la mia scoeula
ho veduù sgorattà una tegnoeula…
Tutt stremii me son miss a vosà:
“Tè la chì!… te la lì… te là…”.
Inutile dire come gli spettatori si divertissero nel seguire l’immaginario volo del pipistrello che il Barbapedana sapeva benissimo rincorrere con lo sguardo, accompagnato da gesti di su e di giù, di qua e di la. Dopo aver fatto il giro dell’osteria con il piattello per raccogliere qualche soldino il Barbapedana era costretto a concedere il bis. GioIosa fu sempre la vita di questo cantastorie milanese di osteria, serena fu la sua vecchiaia al termine della sua carriera, dove concluse gli ultimi anni della sua vita alla Baggina in piena povertà. Indubbiamente, al giorno d’oggi, il suo nome non dice assolutamente nulla, eppure, ai suoi tempi era notissimo! Arrigo Boito (1842-1918), dopo averlo incontrato in un’osteria di Porta Tosa si sofferma a lungo a parlare di lui, in una delle sue novelle: “La musica in piazza” (scritta fra il 1870 e il 1871) dove menziona Enrico Molaschi, come il più famoso e conosciuto di una successione di cantastorie che circolavano ai suoi tempi di locanda in locanda, nei vari paesi, fra Lombardia ed Emilia. Pure Gaetano Crespi, illustre ed apprezzato poeta dialettale, autore del Canzoniere milanese, narrò ampiamente nella sua opera le imprese di questo singolare personaggio, che lui amava chiamare Barbapedanna (con la doppia “n”), il caro paffuto cantastorie milanese, tarchiato e rubicondo, gioviale e chiassoso
Ch‘el ghaveva on gilè
senza el denanz e cont via el dedree.
P.S. Morto ormai da tempo Enrico Molaschi, durante la Guerra d’Africa si cercò di far rivivere il personaggio del Barbapedana, parafrasando la famosa filastrocca con questa tiritera di propaganda:
Barbapedana el gh’aveva on s’cioppètt
per sparagh ai soldaa de Maomètt
e ‘sto s’cioppètt l’era longh ona spanna,
l’era el s’cioppètt del Barbapedana.
E da bersaglier che l’era,
el sparava volentera,
el sparava col s’cioppettin
contra i trupp di beduin.
Altri volonterosi cantastorie ambulanti cercarono di far rivivere il personaggio del Barbapedanna, attribuendosi identità e qualità false, ma senza fortuna.
